La magia di nominare il mondo: da García Márquez alla lezione di Baricco

In questi giorni di festa mi sono imbattuto in un vecchio video di Alessandro Baricco, ai tempi in cui conduceva delle trasmissioni in TV, e ascoltando le sue parole mi è tornato in mente un passaggio di Cent’anni di solitudine di García Márquez, dove spiegava che il mondo era così giovane che le cose non avevano ancora un nome e bisognava indicarle col dito…
La riflessione di Baricco mi è sembrata quasi un’eco di quell’immagine potente, che riguardava cosa rende “grandi” i veri scrittori: la loro capacità di “dare nomi” alla nostra vita, alle nostre esperienze. Non un semplice elencare, ma un vero atto di comprensione profonda, che ci permette di afferrare sia le cose semplici che quelle più complesse.
Baricco diceva che questa “nominazione” ha quasi una funzione di difesa: se non sai come chiamare qualcosa, non sai davvero cos’è e come proteggerti. I grandi scrittori, con le loro parole, ci danno gli strumenti per orientarci nel mondo, illuminando anche le zone più oscure della nostra esistenza.
La loro grandezza sta proprio in questa ampiezza di sguardo: riescono a dare un nome sia alle gioie quotidiane che ai dolori più intricati. Ci offrono un linguaggio per decifrare la complessità, rendendo il vago più concreto e il minaccioso più comprensibile.
Una riflessione semplice, ma che, a mio parere, ci ricorda il valore immenso di chi sa usare le parole per illuminare il buio.

Pubblicato da Paolo Roversi

Scrittore, giornalista, sceneggiatore e organizzatore di festival crime. Grande appassionato di tecnologia. Tutto in ordine sparso. Bio completa qui