Del perché un personaggio letterario dovrebbe invecchiare insieme al proprio autore

Negli ultimi mesi, come sapete, sono alle prese col mio personaggio seriale, Enrico Radeschi e la stesura del nuovo romanzo. Siamo alle battute finali ma proprio ieri, dopo un tweet e qualche commento, mi sono reso conto che il mio protagonista sta invecchiando con me.
Radeschi, dal 2006 ad oggi, è stato protagonista di quattro romanzi per adulti e di uno per ragazzi, oltre che di una ventina di racconti (approssimati per difetto).
vespagialla1Quando l’ho creato avevo trent’anni e lui altrettanti. Ora, dieci anni dopo, i segni del tempo hanno colpito anche lui . Certo Enrico veste sempre come un adolescente, porta le Clarks, gira col Giallone (anche se con la sua vespa del 1974 non so ancora per quanto potrà circolare…) ma, al tempo stesso, ha imparato molto dal suo percorso, dalle sue avventure. Sa da dove viene, i personaggi attorno a lui sono cresciuti, cambiati, alcuni scomparsi per varie ragioni.
Questo l’ha cambiato profondamente. E fatto crescere.
Come succede nella vita, no?
Per questo mi è venuto naturale raccontare un Radeschi che cambia nel tempo. Non mi piacerebbe scrivere di un personaggio statico, sempre uguale a se stesso, senza memoria e con un futuro (e un passato) cristallizzati. Forse perché credo mi assomigli e voglio che cresca (ed evolva?) insieme a me.
Alcuni autori decidono altrimenti per i loro eroi. Legittimo, ci mancherebbe, però un personaggio letterario che non invecchia è un po’ come il ritratto di Dorian Gray: sempre bello da ammirare ma con un segreto terribile nascosto che prima o poi andrà svelato.

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Pubblicato da Paolo Roversi

Scrittore, giornalista, sceneggiatore e organizzatore di festival crime. Grande appassionato di tecnologia. Tutto in ordine sparso. Bio completa qui