Che fare? (per lanciare un libro)

Radeschi sta tornando. L’editor lo sta leggendo e dopo l’estate – a meno che io non abbia scritto castronerie inimmaginabili – il mio nuovo romanzo sbarcherà in libreria. Bene. Tutti contenti?  Quasi. A scoraggiarmi sono le statistiche: in un mercato editoriale dove vengono pubblicati  60.000 libri all’anno non è facile ottenere spazio. Si rischia spesso di venire travolti, anzi letteralmente sommersi, da questa marea di carta. Allora che fare per un lancio originale e diverso dal solito che non passi inosservato?
Viviamo in un’epoca fatta di velocità e di distrazione dove anche le recensioni a quattro colonne spesso passano sottotraccia. C’è bisogno secondo me, di una strategia nuova, di ripensare il modo in cui ci si approccia ai lettori.
Sì ma come?
Io ci sto ragionando e ho già qualche idea in testa che presto condividerò su questo blog e sui social network. Prima di esporla, però, mi piacerebbe sapere se voi avete qualche suggerimento, qualche intuizione originale per lanciare il romanzo. Se vi va scrivetemela qui, giuro che risponderò a tutti. E grazie in anticipo per l’aiuto!

Quella volta che ho ottenuto ventisettemila visualizzazioni grazie a un tweet

Mi piace twittare (anche quando scrivo) e commentare i fatti del mondo che ci circonda; penso sia questo lo scopo principale dei social network.
E siccome ho un’attitudine da nerd (come il buon vecchio Radeschi) spesso guardo anche le statistiche di questo sito e di Twitter.
Ieri sera una sorpresa: un picco di ben 27 mila visualizzazioni. Numeri da twitstar.
Cosa è successo?
Stamattina ho capito. Il TGCOM mi ha citato in un articolo in cui si faceva riferimento al sottoscritto come:

lo scrittore, giornalista e sceneggiatore Paolo Roversi, uno degli esponenti del cosiddetto noir metropolitano e per mestiere profondo conoscitore del mondo poliziesco.

Bello, mi son detto: che abbiano letto e recensito il mio ultimo romanzo (anche se un po’ in ritardo)?
Macché.
Tanto onore deriva da un tweet che ho postato ieri dopo un incidente (senza feriti per fortuna) in piazza della Scala a Milano.
tgcom2Sono felice che abbiano apprezzato l’ironia del dialogo che ho immaginato a bordo dell’auto della Polizia.

A pericolo scampato, si è lasciato andare all’ironia. “Vada ispettò! – twitta immaginando il dialogo tra i due agenti a bordo prima dell’impatto per l’azzardato sorpasso. – Vada che ci passiamo alla grande!”.

Mai come in questo caso la battuta è stata apprezzata. Comunque ne ho scritte anche molte altre di carine che trovate qui: follow me.

tgcom24

Solo il tempo di morire a San Giuliano in Giallo

Sabato 7 maggio alle 18.30 vi aspetto a San Giuliano Milanese alla libreria  LIBROPOLI di via Papa Giovanni XXIII, 11
Sarà una delle ultime occasioni (credo la penultima se ho fatto bene i conti) in cui parlerò di Solo il tempo di morire . Farò quattro chiacchiere con Sergio Farci e poi seguirà aperitivo.
L’evento apre la rassegna San Giuliano in Giallo. Vi aspetto!

sangiuliano

La fondamentale importanza della scaletta in un poliziesco

Anche questa volta ne sono uscito vivo grazie alla scaletta.
In un giallo e in un thriller (ma secondo me anche in tutti gli altri generi) preparare una lista ragionata e temporale che descriva scena per scena il romanzo è essenziale.
Non farlo equivale a un salto nel buio. Davvero. Andare a braccio non è mai un bene in una narrazione di qualche centinaio di pagine.

Provare per credere

L’ho testato sulla mia pelle: quando ho scritto Milano Criminale (398 pagine) e Solo il tempo di morire (461 pagine) senza una scaletta ragionata (vale a dire esaustiva in cui è indicato: luogo, tempo dell’azione, personaggi coinvolti, eventi riassunti in breve) non ne sarei mai venuto a capo!

scaletta

Non perdersi mai

Se hai una scaletta è come se tu avessi una mappa: non puoi perderti.
E la tua scrittura risulta più efficace perché ti focalizzi solo su un passaggio alla volta certo di non andare fuori tema.
Quante volte, scrivendo, capita di dire “va bene inserisco questo personaggio o questa situazione perché adesso la trovo una buona idea” e poi li devi giustificare 100 o 200 pagine dopo e magari non te li ricordi?
Ebbene: se hai pianificato tutto a priori (devi dedicarci alcune ore, forse giorni del tuo tempo, perché niente viene gratis) questi problemi non li avrai.
Adesso scusate ma vado a stilare la scaletta del prossimo romanzo…

 

L’importanza della copertina e del titolo (anche se un libro si giudica dal contenuto)

In questi giorni sono in consegna del nuovo romanzo e già con l’editore ci si interroga sul titolo (che ho trovato mentre ero ad Amsterdam ma di cui per ora non parlo…) e sull’immagine di copertina.
Dopo aver visto alcuni bozzetti che esprimevano concetti diversi, ho deciso di chiedere aiuto alla rete (il famoso aiuto a casa dei telequiz).
La ragione è semplice: il prossimo romanzo con protagonista Enrico Radeschi non sarà un giallo classico bensì un thriller che, come sapete, ha cover di un certo tipo.

Sondaggio

Ho lanciato un sondaggio flash (durata di appena dieci ore, di notte per di più) a cui hanno risposto in 15 (quindi non ha nessuna pretesa d’esaustività ma puro valore indicativo). Ecco com’è andata:

sondaggio twitter

Mistero, colori cupi e un pizzico d’ambiguità

Sembra questa la chiave vincente per una copertina di successo: evocare mistero. Siete d’accordo?
Anche il popolo di facebook si è espresso a riguardo attraverso un po’ di commenti.
Qui in tanti hanno sottolineato che sia il titolo la cosa più importante (e sono d’accordo) ma certo uno “sfondo” degno non può far male, no?
Secondo la maggioranza questo sfondo deve avere colori cupi e l’immagine deve trasmettere ambiguità. Cioè meno si capisce più attrae? Forse.

Peso delle paroleIl peso della copertina e del titolo

Un collega, che oltre a fare lo scrittore si occupa anche di editoria, mi ha rivelato questo detto che circola nell’ambiente editoriale riguardante il “peso”  di titolo e copertina in un libro:

In editoria si dice che il titolo conti il 10%, la copertina il 30%

Personalmente trovo realistiche queste percentuali.
Un libro si dovrebbe sempre e solo giudicare dal contenuto ma senza averlo letto prima come si fa? Semplice, si viene attirati da altri due elementi: la copertina e il titolo.

 

 

 

L’importante è finire (il nuovo romanzo)

Quando arrivi in prossimità della deadline – cioè la fatidica data di consegna del tuo nuovo romanzo – pensi a molte cose.
Innanzi tutto se hai fatto un buon lavoro e se la gente là fuori sarà davvero interessata a leggere quello che tu, con tanta fatica, stai finendo di scrivere. Di rileggere, di limare…
Quindi ti convinci che, comunque, il traguardo è ancora lontano visto che manca ancora la fase di editing, la correzione delle bozze e così via.
Generalmente si arriva sfiniti a questo punto. Almeno per me è così: devo consegnare a fine mese e le mie ultime settimane sono state davvero intense al punto che vedo Radeschi e la sua vespa gialla ovunque!
Ciò nonostante io preferisco, da sempre, lavorare con una scadenza precisa. Mi permette di focalizzare l’obiettivo, di pianificare tempi e modi, insomma di organizzarmi al meglio.

riscrivereQuattro stesure

Attualmente sono alla fase di revisione\riscrittura del testo. Penso che prima della consegna avrò fatto almeno quattro stesure del romanzo. E ne prevedo altrettante, dopo.
Essere insoddisfatti credo faccia parte del mestiere di scrivere. Solo gli sciocchi possono pensare che sia (sempre) buona la prima. Scrivere è fatica e, come ho già detto, scrivere significa sopratutto riscrivere.

sollievoUn momento di sollievo

Quando finalmente invii il manoscritto ti senti come liberato da un peso, leggero. Questo stato di spensieratezza, però, dura solo qualche giorno. Poi cominci a interrogarti: piacerà il mio libro all’editor? E ai lettori?
A questo punto comincia un’altra lunga attesa: il tuo lavoro, se va bene, arriverà in libreria dopo quattro o cinque mesi, a volte anche di più…
E siccome su questo non hai nessun controllo non ti resta che concentrarti su quello che puoi fare nell’immediato vale a dire: rileggere, correggere e consegnare.
Come in quella canzone di Mina il mio mantra attuale dunque è: l’importante è finire