Il tempo della scrittura

Il tempo della scrittura è quel periodo (giorni, mesi, anni) che intercorre da quando vieni colto dall’idea folgorante al momento in cui finisci di scrivere il tuo romanzo. Non è definito ma non può nemmeno essere lasciato a sé stesso: non si scrive quando “si ha tempo” o quando “si ha voglia”.
Scrivere, se lo si fa per mestiere (o si spera di farlo) è una faccenda seria che richiede disciplina. Quindi bisogna stabilire in anticipo il tempo che si dedicherà alla scrittura.

Scrivete ogni giorno

Ne basta anche poco ogni giorno (una mezzora ad esempio) purché sia costante. L’assiduità nella stesura del libro (oltre a una buona scaletta) sono fondamentali per il raggiungimento del vostro obiettivo. La costanza accompagnata da un impegno giornaliero vi permettono di non “perdere il filo” della narrazione. Se abbandonate il vostro scritto a sé stesso per un mese quando lo riprenderete in mano non vi ricorderete più molti dettagli e sarete costretti a rileggerlo tutto daccapo. Quando invece vi applicate con costanza al vostro manoscritto (spinti dal sacro fuoco della scrittura) tutto sarà più semplice e la vostra narrazione più fluida.

Dragon la prima serie TV che si legge su Amazon Kindle

Oggi ne compio quarantadue. E penso non ci sia modo migliore di festeggiare se non quello di annunciarvi che presto verrà pubblicata una nuova serie crime. Manca ancora un po’ di tempo così per il momento mi limito solo a fornirvi qualche anticipazione.

legge del drago

Sarà la prima serie crime di Amazon Publishing e si chiamerà Dragon.
Sarà la prima serie TV da leggere su Kindle.
dragoLogoI romanzi della serie NON li troverete in libreria: saranno disponibili e ordinabili solo su Amazon sia in formato epub che cartaceo.
Il nome dell’autore è Lorenzo Visconti cioè io sotto pseudonimo dichiarato.
Perché lo pseudonimo? Perché si tratta di un progetto nuovo e diverso da tutti quelli che ho fatto in precedenza.  Per me è stato un po’ come scrivere una serie TV per Netflix: un prodotto che si vende (e si legge su Kindle) solo online in cui poter osare cose diverse.
Lorenzo Visconti è il protagonista (e l’autore) della serie e racconterà le sue avventure in prima persona.
Lorenzo Visconti è un ex sbirro ed ha un soprannome: Drago.
Ci sono due #hashtag che potete usare sui social: #laleggedeldrago e #dragonlaserie

La copertina de La legge del Drago di Lorenzo Visconti pubblicato da Amazon Publishing
La copertina de La legge del Drago di Lorenzo Visconti pubblicato da Amazon Publishing

Il primo romanzo, La legge del Drago uscirà ad aprile (sul sito potete già prenotarlo; c’è scritto che verrà pubblicato a maggio ma secondo me riusciremo ad essere pronti per Tempo di Libri…).
Nei prossimi giorni arriverà un sito dedicato alla serie e un trailer (che è bellissimo!)…
Di tutto questo però vi racconterò nel dettaglio a tempo debito.
Se morite dalla curiosità potete diventare fan su Facebook della pagina del Drago dove mano a mano posterò tutte le informazioni. Grazie!

La voglia di scrivere: molto godimento e parecchio mestiere

La voglia di scrivere: a volte c’è, altre bisogna farsela venire.
Sì perché se vi arenate è peggio: si rischia di trascinare un lavoro per mesi quando invece basterebbe un piccolo sforzo per superare lo scoglio… Come? Alimentando (anche artificialmente con serie TV, viaggi, incontri, letture) la nostra voglia di scrivere, stimolarla, ricercarla, immaginando situazioni (anche surreali) da inserire nel libro…

Scrivere un romanzo è faticoso e impegnativo. Le parti che ti godi davvero a ideare e redigere poniamo siano (se sei molto fortunato) il 40%. Poco? Tanto? Il resto è pura narrazione ossia prendere per mano il lettore e raccontargli tutto il resto; il resto è mestiere.
Il resto serve a creare il clima giusto per portare il lettore a quelle scene che danno un senso al tuo libro: il famoso 40%. Attenzione però: non è che il 60% del libro valga meno, tutt’altro; semplicemente svolge una funzione diversa. Il resto è quello che crea la suspence, il climax, l’attenzione giusta per valorizzare al meglio i passaggi più significativi del libro. Semplicemente ci si diverte un po’ meno a scriverlo…

L’arte di riordinare gli appunti

L’ispirazione, si sa, viene quando vuole. A me succede di accoglierla in piena notte (e mi devo alzare perché non sfugga) oppure quando sono sotto la doccia. Si tratta di idee improvvise, soluzioni a problemi narrativi aperti, nuovi personaggi che si vengono a presentare pretendendo di far parte della vostra storia…
Quando capita si prende un foglio o si accende il pc e si appunta questa illuminazione.
Facile sin qui.
Lo scrittore organizzato a questo punto dovrebbe – ma non è purtroppo il mio caso – riprendere quell’appunto il prima possibile e inserirlo nel punto giusto del romanzo che sta scrivendo. Trovargli una collocazione temporale adeguata nella storia. Questo in teoria.
In pratica io mi ritrovo con una pila di venti o trenta “idee formidabili” e di “spunti pazzeschi” che non ho la minima idea di come far convivere nella mia storia. Già, perché il problema è proprio questo: inserire in maniera non forzata queste illuminazioni in una narrazione di senso compiuto. Voi ne siete capaci?
Una delle difficoltà maggiori è il rinunciare a un’idea, accantonarla perché non “ci sta proprio”. Certo magari la potete tenere da parte per scritti futuri (gli hard disk degli scrittori sono pieni di roba che “potrebbe servire prima o poi”) però il miglior favore che potete fare a voi stessi è: essere critici con le vostre idee. Domandatevi: la devo inserire a tutti i costi? Anche col sole appare così sensazionale come quando me la sono sognata stanotte?
Se la risposta è sì dovete allora trovargli una collocazione ottimale nella storia: non c’è nulla di peggio di una bella trovata che però risulta appiccicata nel posto sbagliato perché rompe il ritmo o, peggio, non c’entra nulla con quello che state raccontando.
In sostanza l’arte di riordinare gli appunti consiste in una cernita rigorosa e ponderata di quello che può entrare (o non entrare assolutamente) nella vostra famosa scaletta. Ne siete in grado?
Devo confessarvi che io sono alle prese con la stesura del nuovo romanzo e le idee strabilianti le sto sfoltendo con l’accetta…

Scrivo racconti poi ci metto il sesso per vendere: la biografia di Charles Bukowski

Charles Bukowski: l’ubriacone, il donnaiolo, l’amante delle corse dei cavalli, il poeta underground, il ribelle sfregiato dall’acne, l’impiegato delle Poste, l’uomo dai mille lavori, il factotum dei bassifondi, il grande scrittore maledetto… Paolo Roversi, scrittore nonché uno dei massimi conoscitori italiani di Buk, in questo pamphlet traccia, con stile veloce ed essenziale, un ritratto confidenziale di Bukowski: la biografia, la vita, le immagini, le curiosità, avvalendosi di un interlocutore d’eccezione: Fernanda Pivano. Un viaggio nel mondo bukowskiano che spazia dalla poesia alla alcool, dalla religione al cinema, dal teatro alla musica, dalle corse dei cavalli ai reading ubriachi; passando attraverso la dedizione che l’Italia ha sempre dimostrato verso l’autore dedicandogli pub, canzoni e pièces teatrali. Un testo dalla parte dei lettori appassionati, ma sopratutto del Bukowski scrittore, che sorridendo, sentenziava: “Tutti gli scrittori sono dei poveri idioti. È per questo che scrivono”.
Bukowski biografia

 

Discutendo con Fernanda Pivano, ho scoperto che Bukowski era un timido,dalla scorza dura all’apparenza, chiuso nel suo guscio. Salinger ne Il giovane Holden sosteneva che «uno scrittore è qualcuno che quando hai appena finito di leggere il suo libro senti tuo amico e che vorresti chiamare al telefono tutte le volte che vuoi».
Questo libro rappresenta un po’ quella telefonata mancata.

Fernanda Pivano, Alessandro Berselli, Michele Corleone, Enrico Franceschini, Gianluca Morozzi, Andrea G. Pinketts, Alessio Romano, Simone Sarasso, Sergio Scorzillo e Simona Scorzani sono i compagni di viaggio e d’avventura di Paolo Roversi, autore del pamphlet “Scrivo racconti poi ci metto il sesso per vendere. La vita, la poesia e i segreti di Charles Bukowski, terza edizione aggiornata ed arricchita del fortunato saggio uscito per la prima volta nel 2005, poi nel 2010, e dedicato al tanto amato quanto odiato scrittore americano morto a San Pedro (California) il 9 marzo 1994.

bukowski_copertinaA distanza di oltre vent’anni dalla dipartita di Buk, affettuosamente chiamato così dagli amici ed estimatori, Paolo Roversi ne ripercorre la carriera artistica attraverso le parole dei suoi libri, delle sue poesie e dell’intervista concessa dallo scrittore a Franca Pivano – sfociata ne “Quello che importa è grattarmi sotto le ascelle” – oltre ai ricordi e alle testimonianze di quest’ultima, anche fotografiche.

Dall’attenta e ironica analisi di Paolo Roversi e le impressioni dei “compagni di viaggio” emerge un lucido e divertente ritratto di Bukowski, di un’artista combattuto tra la stretta morsa dell’alcol, delle donne e prostitute – le sue maledette passioni -, e la vocazione più vera, quello della scrittura, coltivata alacremente sin dalla giovane età a suon di Hemingway, Verlaine, Dostoevskij e Céline sulle note di Beethoven, Brahms e Mahler e che troverà finalmente concretizzazione con il suo romanzo d’esordio nel 1971 “Post office”.

Osannato dalla critica, sin dagli anni Ottanta, Buk e i suoi scritti diventano protagonisti di opere teatrali e cinematografiche, anche in Italia, con attori quali Mickey Rourke, Sean Penn, Matt Dillon e il cantante Bono Vox.

Che lo si consideri ubriacone, poeta, pazzo o passionale, Charles Bukowski è stato un punto di partenza per molte generazioni di scrittori e appassionati bibliofili: tra disprezzo e dolcezza ha incarnato il mito della letteratura del XX secolo, della sua fine, del suo nuovo inizio.

La prima presentazione ufficiale si terrà sabato 11 marzo a Milano alla Libreria Il mio Libro. Qui tutte le informazioni.

 

Quando un’idea geniale non basta (ma aiuta)

Scrivere significa inventare un mondo e raccontarlo ai nostri lettori. Per farlo lo scrittore ha bisogno di un punto di partenza: la grande idea che sta alla base della narrazione.
Basterà? No, però aiuta (insieme alla scaletta) perché almeno sa da dove partire.
Ci sono idee buone e idee cattive. Intuizioni geniali e pessime trovate. Pensate che illuminano e altre che rabbuiano.
Qualunque sia la vostra idea per un racconto o un romanzo dovete valutarla in maniera critica ed oggettiva.
Domandatevi: è davvero così originale? Dal 3200 a.c. quando i Sumeri hanno inventato la scrittura nessuno si è mai cimentato in qualcosa che ci assomiglia?
Questo per dire che essere originali a tutti i costi non è strettamente necessario per scrivere un buon romanzo (anche se aiuta). Quello che occorre davvero è un’idea solida, convincente e, sopratutto, che offra delle prospettive.
Per prospettive intendo, in senso generico, la generazione di altre idee; cioè da un’intuizione iniziale si generano a catena altre situazioni o azioni che serviranno a dare corpo alla storia principale e che vi aiuteranno a portare avanti la narrazione. Non c’è niente di peggio, infatti, di un romanzo che parte alla grande con un’idea portentosa che, però, dopo venti pagine finisce in niente perché quell’intuizione iniziale non ha figliato, se mi passate la metafora. Concentratevi sullo sviluppo dell’idea, su come si evolverà, su dove condurrà i vostri personaggi. Ognuna di queste prospettive può diventare un capitolo, una scena, uno snodo…
Riassumendo quindi: l’idea geniale da sola non basta e non serve a molto se non sapete valorizzarla a dovere.